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C.

non si giudica un libro dalla copertina



Devo dire che è sempre molto più divertente scrivere una stroncatura che una recensione positiva, lo è penso per tutti, ma lo è un po’ meno quando la devi scrivere di uno scrittore che ami e purtroppo è quello che sto per fare io di “Cose che succedono la notte” di Peter Cameron, ultimo lavoro dello scrittore americano, firma dei bellissimi Un giorno questo dolore ti sarà utile e "ll weekend" e di cui ho apprezzato molto anche la piccola raccolta di racconti "Gli inconvenienti della vita".

Una coppia, marito e moglie americani (di cui non si sapranno mai i nomi) arrivano in treno in una piccola stazione semi deserta di un paesino senza nome nell’estremo nord Europa, fuori solo buio, freddo e neve. I due sono arrivati fin lì per adottare un bambino. Lei è malata terminale.

E fin qui tutto bene, ci sono le premesse per una bella storia. Davvero. E invece, da quando i due raggiungono l’hotel dove alloggeranno per qualche giorno nell’attesa di portare a casa loro figlio, tra strani incontri alla David Lynch (e chiedo scusa a Lynch) e personaggi al limite del credibile, la loro storia prenderà una strada diversa e il libro andrà, scusate il francesismo, a puttane. L’hotel sarà lo scenario di avvenimenti bizzarri, fini a sé stessi, un susseguirsi di scene ipnotiche o grottesche condite da dialoghi assurdi. E intanto fuori è sempre notte.

Premetto che io sono pronta a tutto quando leggo, e spesso mi ritrovo a cercare di capire l’assurdo ma più che all’assurdo qui siamo di fronte all’inutile.

Dietro all’ambiguità e al mistero non ho colto proprio nulla. Ok, la notte è una grande metafora, intesa come cecità, incapacità di vedere con gli occhi e con il cuore che è quello che vediamo accadere ai due protagonisti; ok a quel velo di noir che può piacere e all'immortale dilemma tra fede e razionalità ma mi è sembrato non ci fosse un fine, non si approda a nulla.

Si fatica davvero a riconoscere lo stile di Cameron (se non fosse stato scritto in copertina non ci avrei creduto) ma non è questo che mi ha spiazzato o deluso, anzi, apprezzo quando un autore mostra forme nuove del suo scrivere o si mette in gioco, a lasciarmi basita è stata l’incongruenza del tutto. Un libro stravagante senza un fine ultimo.

La critica è divisa a riguardo e ho sentito pure urlare al “capolavoro” di Cameron; sia chiaro, io non ho problemi ad ammettere i miei limiti e sicuramente questa recensione ne è il prodotto ma davvero è una lettura che avrei preferito non fare e di cui spero di dimenticarmi presto.

2/5

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