"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira."
Chi, a 46 anni, non ha ancora letto "Il giovane Holden"?
Io.
Lo so, è inammissibile e potete offendermi tranquillamente ma faccio appello ai luoghi comuni dicendo "meglio tardi che mai" e a mia discolpa aggiungo che, negli anni in cui avrei dovuto leggere quello che viene definito "il romanzo di formazione per eccellenza", la mia formazione la stavo affidando ad altri autori; non è che non leggessi, che sia chiaro.
A 16 anni leggevo, anzi sbranavo (chiusa nella mia cameretta tappezzata di poster dei Duran Duran) Stephen King e Italo Calvino, i due autori che senza ombra di dubbio mi hanno aperto le porte alla lettura e, pur essendo molto diversi come genere, entrambi sono un altissimo esempio di lettura formativa.
Quindi eccomi qua, a scrivere la recensione di un libro che avete già letto tutti e che non vi dirà niente di nuovo ma di cui non posso, davvero, non scriverne.
E vi dirò di più, sapevo solo a grandi linee di cosa parlasse e non avevo una chiara idea dello stile e della potenza di quel libbricino dalla copertina bianca che per troppi anni ho lasciato lì, sullo scaffale della libreria, a prendere polvere.
Il libro, scaturito dalla penna di J.D. Salinger è, a tutti gli effetti, un capolavoro immortale.
L'apparente semplicità della trama (il sedicenne Holden viene espulso dall'ennesimo college a causa del suo andamento scolastico e si ritrova a vagare per New York cercando di evitare di tornare a casa per non affrontare i genitori. Comincia così a chiamare amici e conoscenti da incontrare o da cui fermarsi per la notte, cercando di capire cosa fare della sua vita) è bilanciata da una scrittura innovativa e dalla costruzione del protagonista, eccezionale e perfetto mix di tutto ciò che è "un ragazzo". Holden è irrequieto, indisponente, incoerente, fantasioso, ha uno spiccato senso critico e una tendenza impulsiva a mentire. Allo stesso tempo è fragile, insicuro, sensibile, e nasconde in sé quella rabbia e quel dolore tipici dell'età.
Qualsiasi adolescente si ritroverà, per qualcuno di questi motivi, nell’emotivamente fragile Holden e chi, come me, lo leggerà da adulto, non potrà che rivedere un po' di sé stesso da giovane.
"La gente non si accorge mai di nulla."
Il romanzo, datato 1951, non è invecchiato di una virgola e posso solo immaginare l’effetto che fece ai lettori in quegli anni, essendo tuttora di una modernità incredibile.
Le atmosfere tristi e disperate con cui viene dipinta New York, i dialoghi e le situazioni raccontati dalla voce di Holden che si rivolge direttamente ai lettori, con quel suo tono ironico e sbruffone, fanno di questo libro un testo unico e senza tempo.
Non è un caso che diventò immediatamente un libro di culto per i giovani di tutto il mondo e fece di Salinger quel mito che tutti conosciamo. Il testo, autobiografico, mette in luce il carattere dello scrittore, schivo e misantropo che, paradossalmente si è ritrovato, a causa dello stesso, l’attenzione di tutto il mondo addosso, cosa che lo ha portato a esiliarsi e a non scrivere praticamente più nulla.
Come ogni romanzo di formazione che si rispetti porta al suo interno diversi messaggi che il giovane lettore farà suoi nell'affrontare il passaggio all'età adulta.
Io questi messaggi però non ve li dico perché, chissà, magari c’è qualcuno tra di voi che ancora non l’ha letto.
"A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giù. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato."
5/5
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