“Lo scopo di ogni mio pellegrinaggio, è un altro pellegrino.”
E’ molto, molto difficile definire “I Vagabondi” di Olga Tokarczuk.
Un romanzo? Non direi, non c’è trama né personaggi.
Un memoir? No, solo in parte raccoglie ricordi dell’autrice.
Una raccolta di saggi? Neanche.
Forse non ha molta importanza stabilirlo ma se proprio devo lo definirei “un libro di viaggi senza luoghi, una costellazione di pensieri e racconti”.
Un libro a frammenti, in cui vengono raccontate molte vite, del presente e del passato, apparentemente tutte scollegate.
Difficile trovare un filo conduttore così come una logica nel "montaggio" di questi frammenti, notevole ma apparentemente casuale.
E così come non è facile definirlo, non è stato facile leggerlo o meglio, comprenderlo a pieno. Niente di ciò che ho letto finora è minimamente paragonabile a questo.
Forse, così come è strutturato, (composto da tantissimi racconti, pensieri, riflessioni, di peso e lunghezza differenti) così dovrebbe essere letto: a spizzichi e bocconi, lasciato e ripreso, tenuto con sé e letto nel tempo.
Leggerlo come un libro “normale” rende la lettura molto impegnativa, stancante, a tratti estenuante.
Il tempo è uno degli argomenti del libro, così come e soprattutto il viaggio, inteso non tanto come spostamento fisico o come conoscenza di luoghi nuovi, ma più come propensione al movimento. Il movimento che, per la scrittrice, riguarda tutto: saremo in viaggio nella sala d’attesa del medico, al supermercato o quando condivideremo un pensiero.
L’altra cosa che si impara da questa lettura è che si viaggia ogni volta che lasciamo da parte i preconcetti e tutto ciò che crediamo di sapere per ascoltare la parola, la lingua, i motivi dell’altro.
La scrittura è chiara ma esageratamente formale e molto distaccata e fatica a fare breccia nel cuore (ma forse vuole toccare solo l’intelletto).
Un libro che non so se consigliare, di certo non è per tutti; ne ho colto senza sforzo lo spessore ma gli argomenti e le situazioni ricreate dalla scrittrice sono troppo lontani dalle mie corde, dalle mie esperienze personali o dai miei interessi. Per questo motivo non ho potuto farlo pienamente mio.
La posso definire un’esperienza nuova, che non so se rifarei ma che certamente non rimpiango.
3/5
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