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C.

La Grande Bellezza



Durante questa forzata quarantena abbiamo guardato davvero moltissime cose interessanti. Film, serie tv, documentari, alcuni dei quali meravigliosi.

Ovviamente le cose che più rimangono in mente sono quelle inaspettate; nelle quali, dopo un pò di zapping, incappi inavvertitamente, ti metti a guardarle con poco entusiasmo, un occhio aperto e uno chiuso e all'improvviso ti riscopri con i brilli negli occhi e lo stupore stampato in faccia.

A tal proposito parleremo in particolare di due film che ci hanno emozionato e che vi consigliamo vivamente. Due film molto diversi, entrambi premiati a Cannes e di cui probabilmente solo i più attenti avevano sentito parlare:


"La Donna elettrica"

Il titolo ricorda quello del romanzo "Le ragazze elettriche" e se nel secondo si tratta di ragazze con strani superpoteri, in questo film è una donna che, anche senza superpoteri, è comunque una super eroina ed entrambi sono un inno al potere femminile.

Halla è una donna single di circa cinquant'anni che dirige un piccolo coro nella verde ed incredibile Islanda. La sua esistenza quotidiana e insospettabile nasconde però un segreto: Halla è infatti anche l'ecoterrorista a cui il governo e la stampa danno la caccia da mesi per i ripetuti sabotaggi che ha compiuto alle stazioni elettriche, contro le multinazionali siderurgiche che stanno attentando alla sua splendida terra.

Il regista Benedikt Erlingsson sforna un piccolo capolavoro di estetica, gusto e morale; da una terra fredda e lontana un piccolo gioiello di sentimento e passione.

Una storia tutta al femminile nella quale una donna mai stata madre protegge e difende, come solo una madre può fare, la sua terra sfidando nemici più potenti e più grandi di lei e mostrando al mondo intero quanto una donna sola possa riuscire a fare.

L'estetica della pellicola è incredibile, grazie anche alla bellezza della natura islandese e non pochi sono i colpi di genio, di sceneggiatura e narrazione. La colonna sonora, che rompe la quarta parete e diventa comparsa reale di ogni scena, è di una bellezza disarmante e arriva a dialogare con la protagonista e con il pubblico definendo il significato di ciò che si sta guardando.

Un film che ti riempie gli occhi e il cuore, un inno alla bellezza della natura e all'importanza di proteggerla.


"Un affare di famiglia"

Ci spostiamo su un'altra isola, il Giappone, nella periferia di Tokyo, alle prese con una famiglia disfunzionale che vive in una umile casetta (diciamo più un orrendo loculo) di pochi metri quadrati in cui riescono a vivere in sei. Sei persone che in realtà non sono imparentate tra loro, che vivono di umili lavoretti, espedienti e soprattutto di piccoli furti. Si tratta di persone borderline o abbandonate che hanno trovato rifugio in questa sorta di piccola comune. L'ultima arrivata è una dolcissima bambina di cinque anni che trovano per strada, con lividi e tagli nelle braccia e che sembra abbandonata, denutrita e maltrattata dai genitori. Ovviamente non ci pensano due volte a prenderla in casa e accoglierla come se fosse la più normale delle cose da fare.

Detta così sembrerebbe quasi una famigliola che accoglie con benevolenza i poveri derelitti della società, ma non è così...si vogliono bene sì, ma sono comunque una ghenga di truffatori e parassiti che si sfruttano in qualche modo a vicenda e che pensano solo a sopravvivere, indifferenti alle regole comuni. Nonostante tutto li ami, fai il tifo per loro e in qualche modo li giustifichi perché in fondo pensano e cercano di fare la cosa giusta e mostrano a tutti che ognuno può scegliersi la famiglia che preferisce.


Non nuovo a questo tipo di tematiche familiari, il regista giapponese Kooreda torna ad indagare le dinamiche della famiglia contemporanea giapponese e lo fa con forza e con lucidità. Il pessimismo cosmico che pervade tutta la pellicola è straziante ma molto efficace. Commovente ed emozionante, lascia un senso di verità a cui probabilmente non siamo abituati.

Si trovano molte similitudini con il meraviglioso "Parasite", per ambientazioni e tematiche sociali. Anche in questo caso ci si innamora di una famiglia "al limite".









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