Sono andata al cinema a vedere "America latina" dei fratelli D'innocenzo.
Dopo essere stata piacevolmente colpita da "Favolacce", il loro precedente film, ero curiosa e anche convinta di andare a vedere un film senz'altro non facile e sicuramente ostico, ma sinceramente non mi aspettavo, come immaginerete dalla scelta della rubrica, di annoiarmi e anche un po' infastidirmi.
Ma andiamo con ordine. La trama:
Massimo è un dentista di Latina, felicemente sposato e con due figlie e abita in una bella casa con piscina, a Latina. Ha un pessimo rapporto con il padre e ha un amico con il quale si trova a bere birra e a fare due chiacchiere. Un giorno scende in cantina per una faccenda domestica e vi trova una ragazza legata e imbavagliata che chiede aiuto.
Ecco, non posso aggiungere molto per non spoilerare.
Vi basti sapere che tutto non è come sembra e che tutto ciò che sembra non è.
Ho fatto passare qualche giorno prima di elaborare un giudizio, proprio perché a volte certi film non sono semplici ed immediati, devono essere masticati, digeriti, ripensati. Certi film hanno bisogno di più tempo. Non sempre quello che ti arriva a pelle, a caldo, è giusto. E soprattutto è il bello di certi film non mainstream, spesso non di facile comprensione.
E invece proprio non riesco a trovare motivi validi per consigliarlo. Non mi è arrivato.
O molto più semplicemente non l'ho capito.
Certo Elio Germano, il protagonista, ancora una volta si dimostra un grande attore ma il film è inquietante.
Uso questo aggettivo che non sempre ha connotazione negativa, ma in questo caso sì. Inquieta e respinge. E' inutilmente fastidioso.
All'ennesimo primo piano dell'ansimante protagonista l'istinto è stato quello di uscire dalla sala. La sola cosa che me lo ha impedito è stato voler arrivare in fondo a questo thriller psicologico, un po' horror, certamente claustrofobico.
La mia sensazione è che i due fratelli registi abbiano un po' tirato la corda e abbiano peccato di superbia, dopo il successo del precedente film, giocando a fare quelli proprio bravi e accessibili a pochi.
Ecco, io in questo caso non sono tra quei pochi.
Amo i film che non ti mettono a tuo agio, che ti provocano e ti scuotono, e questo mi aspettavo da loro, ma il viaggio che si intraprende nella mente malata di Massimo è tortuoso, ossessivo e noioso e tutto risulta insopportabilmente pesante.
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