"La luce che mandò parve fioca e sciocca: era una lampada da lettura –
che idea d’altri tempi, una lampada da lettura, come se ci fosse ancora qualcuno che leggeva."
Chi dice che il racconto è una forma meno alta di scrittura non legge racconti. Non quelli giusti, perlomeno.
Non quelli di scrittori come Peter Cameron che ha il coraggio e la forza stilistica di dedicare il suo talento al racconto e di tirarne fuori opere all’altezza di romanzi, solo, purtroppo, più corte.
Perché ne vorresti di più pur consapevole che la perfezione è stata raggiunta con quelle poche pagine.
Stiamo parlando di "Gli inconvenienti della vita", ultimo lavoro di Cameron che raccoglie due storie che raccontano due diverse e molto singolari forme di inquietudine: il malessere sottile che si allarga come una crepa nella vita in comune di due uomini, e la lunga guerra "misteriosa e mai dichiarata" in cui può trasformarsi un matrimonio di vecchia data.
Peter Cameron si conferma quindi anche nel racconto, un grandissimo talento.
I due splendidi racconti sono prova del suo, nel raccontare i rapporti umani, anche quelli più difficili e i sentimenti, anche quelli più repressi.
Le due trame sono simili nel tema ma molto distanti nell’ambientazione e personaggi.
Il primo “La fine della mia vita a New York”, vede una coppia di omosessuali di mezza età affrontare il tema della depressione.
Un vecchio incidente, l’inconveniente di questo racconto, ha lasciato Theo scioccato e incapace di trovare pace e Stefano, che gli vive faticosamente accanto, non riesce ad affrontare il buco nero della depressione che ha colpito il compagno.
In “Dopo l’inondazione” l’inconveniente è invece un’alluvione che obbliga una coppia di lunga data ad ospitare una famiglia di sfollati. Un’ospitalità forzata e non voluta che non farà altro che evidenziare un distacco e una tensione nella coppia, forse giunta al capolinea.
Una scrittura incantevole, scorrevole e accattivante. Due bellissime storie da cui imparare molto.
"Penso che alla fine ognuno parli la propria lingua intraducibile, e non ci resta che sperare in un raffazzonato esperanto."
4/5