1968: quel genio di Philip K. Dick scrive un CAPOLAVORO dal titolo IL CACCIATORE DI ANDROIDI (in Italia uscito con 3 titoli differenti, a seconda della edizione, io ho letto quello dal titolo più figo di tutti “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?")
Il libro è ambientato in un 1992 in cui la Terra è stata stravolta da una guerra nucleare che l'ha ridotta a un desolato pianeta post-apocalittico, nel quale gran parte degli esseri umani sono migrati nelle colonie extramondo e la maggioranza delle specie animali si sono estinte. Rick Deckard è un cacciatore di taglie che vive con sua moglie a San Francisco e che viene incaricato di trovare 6 replicanti in fuga, compito che gli farebbe guadagnare abbastanza da potersi permettere un animale domestico vivente e superare così lo stigma sociale che lo affligge.
1982: quel genio di Ridley Scott gira la versione cinematografica del libro e crea un CAPOLAVORO del cinema di fantascienza, "BLADE RUNNER". Immagina e inventa un mondo post atomico cupo, piovoso, sporco e decadente.
Ne riscrive e modifica la trama, definisce i tratti di Rick (Harrison Ford), dell'androide Rachael (Sean Young) e crea un cattivo che entrerà nella storia del cinema per uno dei monologhi più belli di sempre (Rutger Hauer). Una colonna sonora inquietante e ipnotica, tempi lenti e pochi dialoghi e una fotografia impeccabile rendono questo film un cult che ognuno di noi ha visto e farà vedere ai propri figli.
2017: quel genio di Denis Villeneuve ne dirige il sequel, "BLADE RUNNER 2049", e io, gasata ma spaventata, sono andata a vederlo.
Il film è ambientato 30 anni dopo il primo, e dopo il tanto predetto Black Out che ha distrutto quasi completamente ogni dato digitale del pianeta.
Gli androidi si sono integrati nella società e uno di questi, l'agente K (Ryan Gosling) lavora come cacciatore di replicanti di vecchia generazione per conto di "Madame" (Robin Wright). Dopo l'uccisione di uno di questi, K scopre l'esistenza di un "miracolo" che potrebbe cambiare tutte le conoscenze finora acquisite sui replicanti, e dunque cambiare il mondo.
K non è però l'unico a cercarlo e dovrà fare i conti con Niander Wallace (Jared Leto), capo della Wallace Industries, azienda che riproduce i replicanti moderni.
Rientrerà in scena anche Rick Deckard (un Harrison Ford ancora decisamente credibile) che ci porterà alla svolta finale.
Di più non si può raccontare, sarebbe uno spoiler dietro l'altro e quindi mi fermo qui.
Villeneuve riesce in un impresa titanica ma IL CAPOLAVORO stavolta non arriva...ma forse perché il grosso, diciamocelo, era già stato fatto.
Ha riportato sullo schermo lo stesso identico mondo, l'estetica cyber-punk, le macchine volanti, la pioggia costante, pubblicità a ologrammi e vecchi loghi decadenti. Quell'immaginario che nel '82 ha aperto un nuovo capitolo nella storia del cinema di fantascienza ma che oggi non è più novità.
Tempi lunghissimi come nel primo film ma in questo caso fin troppo lunghi per una pellicola che poteva essere tagliata di almeno 30 minuti. Per lo spettatore una prova fisica non indifferente sopportata però grazie a uno spettacolo visivo al limite della perfezione estetica.
In quanto sequel, i paragoni sono d'obbligo.
Del resto lui stesso ha detto :"So che i fans entreranno in sala impugnando una mazza da baseball ma lo rispetto, perché si tratta di arte. E l'arte è un rischio. Questo sarà sicuramente il più grande della mia vita".
Caro Denis, la mazza l'ho impugnata ma non posso certo usarla.
Un film riuscito ma che non diventerà un cult e che, ahimè...chiude facendo presupporre un terzo capitolo di cui ho davvero paura.
P.S. Leggo che per il ruolo di Wallace, Villeneuve avrebbe voluto David Bowie, poi purtroppo deceduto.
Ecco, forse quello che mi è mancato di più è un personaggio davvero carismatico (ok...Leto è bravo e bla bla bla) ma non voglio neanche immaginare cosa sarebbe stato David.